Riparto delle spese condominiali, modifiche per iscritto

 

La modifica delle tabelle millesimali deve necessariamente risultare da un documento scritto. A nulla vale la considerazione che i condomini abbiano seguito per lungo tempo una prassi derogatoria, ripartendo le spese con un criterio differente da quello previsto dalle tabelle allegate al regolamento. La delibera che approvi tale riparto è annullabile e, in alcuni casi, addirittura nulla. Né il condominio può opporre all'impugnazione proposta da uno o più condomini l'avvenuta approvazione per comportamento concludente della relativa modifica tabellare.

Il principio di diritto è stato ribadito dalla Corte di cassazione, sezione sesta civile, con l'ordinanza n. 30305, pubblicata lo scorso 14 ottobre 2022. L'opposta convinzione risulta, tuttavia, ancora molto radicata tra i condomini, anche per via dei passati contrasti giurisprudenziali, e vale quindi la pena di riprendere l'argomento.

La questione controversa. Il problema è se la maggioranza assembleare, nel momento in cui è chiamata a deliberare sul riparto delle spese relative ai beni e ai servizi comuni, possa validamente disapplicare i criteri previsti dalle tabelle allegate al regolamento condominiale e se questa condotta, reiterata nel tempo, comporti una modifica implicita di dette tabelle.

Può capitare, per esempio, che nell'edificio condominiale o nelle singole unità immobiliari che lo compongono si verifichino nel tempo delle trasformazioni che impattano sull'attribuzione dei millesimi di proprietà; quindi, sul valore degli immobili con cui ciascun comproprietario è tenuto a partecipare alle spese comuni. I condomini riuniti in assemblea, come accaduto nel caso affrontato dalla Suprema corte, potrebbero allora valutare opportuno introdurre dei correttivi e imporre una maggior quota di spese a determinate unità immobiliari, con conseguente riduzione di quella dovuta dalle altre. Se la deliberazione non viene impugnata dai condomini assenti e/o dissenzienti e la decisione viene reiterata anche nelle successive assemblee, spesso anche per periodi di tempo molto lunghi, senza che ne seguano impugnazioni, avviene che il criterio di riparto in tal modo individuato prevale di fatto su quello previsto dalla tabella millesimale.

Ma tutto questo è corretto? E i condomini possono dormire sonni tranquilli? In altri termini, può davvero concludersi che il comportamento concludente osservato dai condomini nel tempo (magari per oltre 30 anni, come nel caso di specie) abbia come effetto la modifica della tabella allegata al regolamento condominiale?

Ovviamente il problema si pone soltanto nel momento in cui un condomino, per esempio chi abbia appena acquistato un immobile e sia entrato quindi da poco nella compagine condominiale, contesti la prassi da tempo seguita dall'assemblea ed esiga il rispetto delle predette tabelle.

Gli altri condomini possono opporgli il rispetto del criterio individuato dall'assemblea, sostenendo che esso prevale su quello indicato nella tabella, in quanto implicitamente modificato per fatti concludenti? Sul piano di fatto probabilmente ancora una volta sì.

Nel senso che l'opinione espressa da quel condomino resterà in minoranza e la delibera con cui la maggioranza avrà approvato e ripartito la spesa sarà per il medesimo vincolante. Tanto è vero che l'amministratore, in caso di mancato pagamento, potrà richiedere al giudice l'emissione di un decreto ingiuntivo.

Tuttavia, ove il predetto condomino impugnasse la delibera o, nel fare opposizione al decreto ingiuntivo, ne contestasse incidentalmente la validità, la situazione sarebbe destinata a un completo ribaltamento. Il giudice, infatti, facendo applicazione del principio di diritto ribadito dalla Suprema corte con la recente ordinanza n. 30305/2022, dovrebbe accertare l'invalidità della deliberazione di riparto della spesa, in quanto adottata in violazione del criterio indicato nella tabella millesimale allegata al regolamento condominiale, che non può ritenersi modificata da una semplice prassi contraria, per quanto lungamente osservata nel tempo.

I chiarimenti forniti dalla Suprema corte. Nel caso di specie l'impugnazione proposta dalla condomina avverso la deliberazione assembleare era stata respinta sia in primo che in secondo grado. La Corte d'appello, in particolare, aveva ritenuto provata la disapplicazione costante, da parte dell'assemblea condominiale, sin dal 1982, dei criteri di riparto delle spese previsti dalla tabella allegata al regolamento approvato nel 1962. Questa prassi derogatoria, come evidenziato dai giudici di secondo grado, appariva giustificata dalle variazioni del corpo di fabbrica condominiale verificatesi nel corso degli anni, con conseguente aumento del valore di una delle proprietà comprese nel condominio. Ciò aveva quindi portato all'approvazione per facta concludentia di nuove tabelle millesimali, con conseguente validità della delibera impugnata. La condomina impugnante non si era però data per vinta e aveva radicato anche l'ulteriore giudizio per la cassazione della decisione di secondo grado.

La Suprema corte, come detto, ha ritenuto fondato il ricorso, premiando la perseveranza della condomina.

I giudici hanno, infatti, evidenziato come il più recente orientamento di legittimità abbia precisato che, in base al combinato disposto degli articoli 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione o di revisione delle tabelle millesimali, avendo veste di deliberazione assembleare, deve avere necessariamente la forma scritta ad substantiam, dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per fatti concludenti (si veda Cass. civ., sez. 2, 15 ottobre 2019, n. 26042).

Il predetto art. 68 disp. att. c.c. prevede del resto che la tabella millesimale sia allegata al regolamento di condominio e già le sezioni unite, con decisione n. 943/99, avevano chiarito che la formazione di quest'ultimo è sempre soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, come può desumersi dal combinato disposto dell'art. 1138 c.c. (che prescrive la trascrizione del regolamento approvato dall'assemblea in apposito registro), dell'art. 1136 c.c. (che prescrive la verbalizzazione e la trascrizione nel registro tenuto dall'amministratore delle delibere assembleari), nonché, ove si tratti di clausole di natura contrattuale, dalla loro incidenza sull'estensione dei diritti immobiliari dei condomini.

Nella recente ordinanza n. 30305/2022 la Suprema corte ha inoltre evidenziato che, avendo a loro volta le sezioni unite ribadito che sono annullabili le deliberazioni aventi a oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, mentre sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati anche per il futuro i medesimi criteri di riparto legali o contrattuali, appare incoerente elevare una serie di deliberazioni, di per sé invalide, che disattendano la vigente tabella millesimale, alla dignità di comportamento univocamente concludente, protrattosi nel tempo, dal quale ricavare l'approvazione, a maggioranza o all'unanimità, di una nuova tabella dei millesimi.

 

Commenti

Post popolari in questo blog